Lorenzo

Lorenzo

Nel giorno di San Valentino, Fiorella e Leonardo scrivono al loro Lorenzo una lettera piena di amore, un ricordo che resterà per sempre, un ultimo saluto.

Lorenzo, 53 anni - Bacchereto (PO)

"Caro Lorenzo, purtroppo a settembre ci hai lasciati dopo che la Malattia di Huntington, che tutti noi chiamiamo "LA BESTIA", ci aveva completamente devastati, sotto ogni punto di vista.

Da quando la bestia ha fatto il suo ingresso, ho perso piano piano tutto di te. La malattia ti aveva trasformato in tutto e per tutto, derubandomi della persona amata. La nostra vita è diventata sempre più complicata negli aspetti pratici e nel quotidiano, fino a farci provare una sorta d'astio e risentimento verso l'ingiustizia del destino.

Gli ultimi mesi sono stati particolarmente duri. Nonostante fossimo entrambi vaccinati, abbiamo preso il Covid: io in forma asintomatica, mentre tu già compromesso dalla tua malattia sei finito in terapia intensiva. Le tue condizioni precarie si sono ulteriormente complicate: le infezioni polmonari, le difficoltà respiratorie, di deglutizione e di alimentazione.

Essendo a mia volta positiva ero isolata a casa in quarantena e non sono potuta venire a trovarti. Quando finalmente mi sono negativizzata sono riuscita a venire solo un paio di volte a salutarti. Non poterti toccare, prenderti la mano o farti una carezza è stato un'enorme sofferenza per me. In quelle poche e rare visite, l'unica vera gioia è stata vedere i tuoi occhi che cambiavano espressione e si illuminavano quando incontravano i miei.

I medici più di una volta mi avevano posto davanti a scelte molto difficili ed invasive e, sebbene tu ti fossi sempre dichiarato contrario all'accanimento terapeutico e io d'accordo con te, quando arriva il momento tutte le convinzioni vacillano.

Non è mai facile, ma arriva un momento in cui bisogna accettare l'ineluttabilità della morte.

Pochi giorni dopo che te ne sei andato ti ho percepito vicino a me, ti ho sentito "libero, leggero e finalmente felice" e la mia angoscia si è un pò attenuata. Una sensazione di liberazione da un enorme fardello. A volte penso di non averti perso a settembre del 2021, ma molti anni prima e al suo posto era rimasto soltanto il tuo corpo. In realtà neanche quello, perché la bestia si appropria anche delle caratteristiche fisiche e muta il corpo, il volto e soprattutto lo sguardo.

Con il passare del tempo riaffiorano in me i ricordi di Lorenzo "sano", mi ricordo di quanto erano belli i tuoi occhi che si illuminavano quando ridevi, i tuoi sguardi profondi che mi avevano letteralmente rapita, i tuoi sorrisini sotto i baffi che mi facevano vibrare, il tuo sguardo pieno d'amore e, allo stesso tempo, struggente verso nostro figlio.

Adesso comincio a ricordarti e voglio ricordarti come la persona meravigliosa che eri, di quanto fosse stata grande la tua voglia di credere nella vita e mi auguro che un giorno anche nostro figlio possa ricordarsi di te come la persona straordinaria che eri prima della malattia.

Voglio vedere la tua morte come un bellissimo regalo da parte tua, per averci ed esserti evitato ulteriore sofferenza e dolore.

Potrei sembrare cinica, egoista, insensibile, ma la sofferenza mi ha assolutamente cambiata e adesso vedo le cose sotto un'altra prospettiva.

Il mondo Huntington è ormai diventato parte integrante della mia vita, è entrato nella mia pelle, nella mia anima, nel mio cuore. I miei migliori compagni di vita, le persone che veramente possono capire la sofferenze e il dolore che questa malattia comporta sono solo quelle che la vivono in prima persona.

Questo è un saluto ufficiale a te Lorenzo, il mio grande uomo, mio marito, alla grande persona che hai dimostrato di essere fino alla fine.

Per ripeterti e ricordarti che, "nonostante tutto", il mio amore per te è sempre vivo.

Fiorella, tua moglie."

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"Ciao babbo, qui giù stiamo tutti bene, il divano però è vuoto.

Subito dopo che ci hai lasciati, che ti sei lasciato andare, le cose non sono andate per niente bene. Mentre esternamente si cercava di far credere in modo raffazzonato il contrario, non si poteva dire lo stesso dell’interno, dove era scoppiato il caos.

Te ne sei andato con non poche sofferenze, sia per noi, che per te. Il periodo non ti ha di certo aiutato, ma leggendo tra le righe, ci avevi fatto capire che ne avevi abbastanza di quella stanza, ne avevi abbastanza di tutte quelle visite, ne avevi abbastanza di tutto, e volevi tornare a casa.

Casa, che sapevi fin dall’inizio che sarebbe stato il luogo dove la tua famiglia avrebbe allietato la fine della tua incredibile corsa. Così non è stato purtroppo, una serie di stupide coincidenze ha affrettato i tempi, e ti ha messo alle strette: non saresti potuto tornare a casa, non avresti potuto rivederci, e tutto questo ti scocciava.

Le cose non potevano andare come avevamo previsto, perché tu avevi bisogno di forza che noi, per cause di forza maggiore, non potevamo darti; e di tanta salute, che ahinoi, ti mancava..

Il destino ha voluto che quella stanza asettica fosse la tua ultima casa. Al destino forse andava anche bene, a noi no.

Sarebbe inutile prenderci in giro dicendo che non eravamo minimamente consapevoli che eri prossimo alla fine della tua corsa già da tempo. Era il nostro primo pensiero tutti i giorni.

Quando ci si immagina le cose brutte, le si immaginano lontane davanti a noi, come una cosa che ci riguarderà tra molto tempo, ma spesso non ci rendiamo conto che le peggiori sono quelle che ti capitano quando meno te lo aspetti.

Io mi ero immaginato più e più volte come sarebbe potuto essere quel giorno, ma, col senno di poi, mi ero tremendamente sbagliato.

Non mi sarei mai potuto aspettare uno scenario così a nostro, e tuo, sfavore, dove noi potevamo solo sperare e rimanere inermi, dinnanzi all’inizio del declino.

In realtà il “declino” continuava inesorabilmente a correre da anni, un po’ come quando un quadro perde il colore col passare degli anni: non ti rendi conto di quando colore perda di giorno in giorno, ma lo realizzi solo dopo mesi, o anni, che continui a guardarlo.

Mi sono sempre detto che sarei stato capace di “accettare” il tuo addio, solo dopo averti dimostrato davvero, chi in realtà io fossi e quanto valessi, poiché appunto è ciò a cui aspira ogni figlio. Ma più passava il tempo, più tu peggioravi e così, proprio per questo, anche io e mamma non riuscivamo sempre a dare il meglio di noi stessi, in tutto e a tutti.

E anche se forse non te ne saresti neanche reso conto, ma è così che avrei voluto che le cose andassero.

Beh, come detto prima, non è andato niente come previsto, e tu ti sei spento senza lasciarmi il tempo di farti vedere chi ero. E questo non mi andava giù.

In realtà non è cambiato niente: ora ho un motivo in più per prendermi il mondo, ho una persona che guarda dagli spalti “più alti”, a cui devo dimostrare di essere una persona di valore e, spero, almeno la metà del tuo.

Penso che potrei scrivere un libro con le cose che avrei da dirti. Forse un giorno lo farò, chissà.

Nel corso della mia vita ho imparato a gestire le emozioni, che nei tempi più bui, erano solo accessorie: tu avevi bisogno del nostro aiuto. Quella era la cosa più importante. Forse lo ho capito solo ora, forse non volevo capirlo, o forse non si riesce a capire quanto in realtà sia grande una cosa, fino a che non ci sbatti contro. Per questo forse, percepivo la realtà come verità.

Ad oggi, quello che ci è rimasto è un ricordo distorto dalla malattia, dove tu eri vittima del tuo stesso DNA. E dove questo aveva toccato e invaso tutti noi.

Ma il ricordo che voglio avere io, invece, è il ritratto della persona che eri, per come ti ricordavamo io e mamma. La persona che aveva fatto innamorare mamma. La persona che mi aveva cresciuto, ben diversa da quella che era tra noi ultimamente. Ora sta a noi creare il miglior ricordo di te, il più bel ricordo, un ricordo che ti renda giustizia, un ricordo che brilli tanto quanto brillavi tu. Sta a noi ricordare tutto questo.

Mi prenderò il mondo, con te e per te.

Leonardo, tuo figlio."

 

 

 

La foto è stata scattata nell'ambito del progetto 

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