Conferenza EHA 2015: Cosa riportiamo a casa

Conferenza EHA 2015: Cosa riportiamo a casa

Dal 18 al 20 settembre si è svolta a Varsavia la prima Conferenza promossa dalla European Huntington Association, con lo scopo di creare un contesto in cui i familiari e i caregiver potessero parlarsi senza sentirsi troppo in soggezione a causa della presenza ‘preponderante’ dei ricercatori.

La conferenza è stata organizzata, di fatto, da quattro persone: Bea De Schepper, la Presidente di EHA, Astri Arnesen, la Vice Presidente, Svein Olaf Olsen (suo marito), membro del board e Danuta Lis, presidente della Associazione Huntington polacca. Sono riusciti ad accogliere circa 180 persone provenienti non solo dall’Europa, ma anche dall’Australia, dalla Nuova Zelanda, dal Canada e dal Sultanato dell’Oman. La Conferenza quindi è nata per essere europea ma in realtà è diventata, a tutti gli effetti, internazionale.

Gli organizzatori sono riusciti a creare un ambiente molto piacevole e informale e hanno messo al centro dell’incontro soprattutto due temi: il test genetico e le modalità con cui si affrontano aspetti di ‘assistenza’ quotidiana come la fisioterapia, la logopedia, la nutrizione. Il test genetico è stato affrontato sotto forma di racconti di vita vissuta, che hanno stimolato la discussione tra punti di vista anche completamente diversi tra di loro. Se qualcuno si aspettava soluzioni concrete alla gestione di problemi quotidiani, è probabilmente rimasto deluso.

A Varsavia, tuttavia, c’erano anche i ricercatori perché, se si parla di una malattia rara - a tutt’oggi ancora priva di una ‘cura’ - come si fa a non parlare di ricerca?

Sono stati invitati pochi ricercatori ma quei pochi erano quelli che forse, più degli altri o come pochi altri, esprimono una dedizione e una passione per il loro impegno fuori dal comune: Michael R. Hayden, Bernhard Landwehrmeyer, Ferdinando Squitieri.

Sono stati fatti passi da gigante da quando, negli anni Sessanta, i medici responsabili di Michael Hayden, allora giovanissimo ricercatore in Sud Africa e oggi ricercatore di punta a livello mondiale, dicevano che la malattia di Huntington non esiste.

Ferdinando Squitieri, nel suo intervento, ha ripreso l’affermazione del collega tedesco Ralf Reillmann secondo il quale ‘La malattia di Huntington è la più curabile delle malattie incurabili’ perché, anche se ancora non possiamo offrire la ‘guarigione’, ci sono aspetti concreti, non trascurabili, su cui possiamo intervenire farmacologicamente:

- migliorare l’umore
- gestire l’irritabilità e l’aggressività
- gestire problemi legati al sonno
- recuperare il peso corporeo
- limitare il sintomo còrea (fino ad un certo punto)
- migliorare la capacità di coordinazione dei movimenti.

Certo, il limite è che questi effetti benèfici non durano per sempre, ma la ricerca si pone anche questo tipo di obiettivo (Cit. Bernhard Landwehrmeyer).

 

Qual è il messaggio che ci sentiamo di riportarvi da questa Conferenza?
Partecipate alle sperimentazioni cliniche, contribuite al progresso della ricerca!

Tutto quello che abbiamo imparato finora sulla malattia e tutto quello che finora siamo riusciti a curare, non lo avremmo potuto imparare e non lo avremmo potuto curare se non ci fossero medici e ricercatori motivati, organizzazioni finanziariamente solide ma, soprattutto, se non ci fossero pazienti ( e loro partner, genitori, figli, amici) disposti a viaggiare, a dormire fuori casa, a sostenere visite a volte lunghe e stancanti, ad assumere farmaci sperimentali, a credere di poter davvero dare un contributo.

 

Barbara D’Alessio
Vice Presidente Fondazione LIRH onlus
barbara.dalessio@lirh.it