Malattia di Huntington: Interruzione somministrazione di tominersen in Generation HD1 - Domande e Risposte

Malattia di Huntington: Interruzione somministrazione di tominersen in Generation HD1 - Domande e Risposte

26/03/2021

Mercoledì 24/03/2021 si è svolto un incontro via zoom tra Sperimentatori, Associazioni e Pazienti per rispondere alle molte domande nate dalla improvvisa notizia della interruzione della somministrazione del farmaco sperimentale tominersen nell’ambito dello studio di fase III ‘Generation HD1” .

Gli sperimentatori dei Centri italiani coinvolti nello studio hanno dato le risposte che era possible dare nell'immediato, tenendo conto che i dati alla base di questa decisione non sono ancora stati resi pubblici.

Nell'articolo che segue, abbiamo riassunto, a beneficio di tutti i pazienti, anche quelli che non hanno avuto la possibilità di partecipare all'incontro, le domande e le risposte degli sperimentatori.

 

Domande e risposte

 
Si tratta di uno stop definitivo?

Si, lo stop è definitivo: il farmaco sperimentale non verrà più somministrato nell’ambito dello studio Generation HD1.

 

È emerso che il tominersen non è efficace come si credeva, oppure lo stop è dovuto ad altri motivi e c'è la possibilità che la stessa sperimentazione riprenda variando alcuni aspetti?

E’ emerso che il tominersen non è efficace come si credeva, sulla base della valutazione dei dati eseguita da una Commissione Indipendente, a cui Roche non ha ancora avuto accesso. Non sappiamo quali parametri siano stati valutati da questa Commissione. I protocolli degli studi sperimentali indicano parametri ‘primari’ (che si valutano con specifiche scale cliniche) e parametri secondari. E’ possibile che, dall’analisi successiva che verrà fatta da Roche, venga fuori che alcuni dei parametri raccolti (ad esempio, alcuni parametri cognitivi  o di risonanza) siano comunque considerati significativi. Ad oggi, però, non sappiamo nulla di cosa è stato valutato.

 

Roche intende proseguire il monitoraggio dei partecipanti per rilevare effetti a lungo termine:  i partecipanti devono continuare a compiere gli esercizi quotidiani e indossare telefono e orologio? Il caregiver deve proseguire nell'invio dei rapporti settimanali?

Da quello che sappiamo ad oggi, si: i pazienti e i caregiver dovranno proseguire il monitoraggio e quindi anche gli esercizi da casa. Gli sperimentatori incoraggiano i pazienti a proseguire nello studio per di monitorare il loro stato di salute più a lungo termine, anche sotto il profilo legato alla sicurezza. Soprattutto perché ancora non sappiamo qual è il reale motivo dell’interruzione dello studio. 

 
Quali gravi effetti collaterali potrebbe portare la sospensione improvvisa del farmaco? 

Quello che sappiamo ad oggi è che non sono stati osservati vantaggi e, teoricamente, non si prevedono svantaggi. Per questo è importante continuare con le visite di monitoraggio: esami del sangue, dati clinici raccolti nei prossimi mesi ci faranno escludere effetti che non ci aspettiamo, ma che comunque non possiamo escludere al cento per cento perché si tratta comunque di uno studio sperimentale. Quello che sappiamo su questo farmaco grazie alla ricerca di base è che  l’interruzione della somministrazione dovrebbe accompagnarsi ad una regressione di qualunque effetto: quindi gli eventuali effetti vantaggiosi e gli eventuali effetti svantaggiosi dovrebbero entrambi regredire a seguito della interruzione della somministrazione.  In questo momento, non ci sono elementi per pensare che la somministrazione del farmaco sia peggiorativa della condizione attuale. E comunque, anche se cosi fosse, una volta interrotto il farmaco, tutto dovrebbe tornare come era nella condizione precedente.

 
Quando saranno resi pubblici i dati che hanno portato al blocco della sperimentazione?

Roche ha il dovere di rendere note le ragioni di questa interruzione, altrimenti non può pretendere che i pazienti siano motivati a proseguire nelle visite di monitoraggio. Il comunicato ufficiale dell’azienda parla di una ‘scarsa efficacia’ ma anche di ‘unfaverable safety and efficacy trends’. Non sembra esserci, dunque, un vantaggio clinico.  In questo momento, Roche non ha tutte le informazioni. Da quello che abbiamo capito, ci vorrà almeno un mese prima che possa accedere ai dati. 

 
Questo fallimento come si inserisce nel contesto delle altre sperimentazioni? Dobbiamo aspettarci  che falliscano anche le altre sperimentazioni con approcci simili?

Questa è una malattia complessa e lo scenario è altrettanto complesso. Le  altre terapie emergenti, per quanto simili a questa, non sono identiche. Le differenze da un punto di vista biologico possono essere sostanziali. I motivi per cui questa terapia può non avere funzionato possono essere diversi: ad esempio, al momento della vita di una persona in cui è avvenuta la somministrazione, alla quantità di proteina che è stata abbassata, al punto del sistema nervoso in cui è stata abbassata, a come si è distribuito il farmaco, a come si potrebbe distribuire meglio rispetto alla selettività dell’azione di un farmaco rispetto all’altro. Una cosa è certa: tutto quello che noi impariamo oggi da questa sperimentazione, è di grande vantaggio anche per le altre.

 

Questa comunicazione è arrivata come una doccia fredda, i pazienti così si sentono delle cavie.

Il contributo dei pazienti è fondamentale perché questa è l’epoca storica della ricerca clinica, cioè quella fatta sulle e con le persone. Per moltissimi anni, l’unica forma di conoscenza è scaturita  dalla ricerca di base (in laboratorio). Ricercatori e pazienti hanno lo stesso obiettivo: trovare una cura. In questa ottica, il concetto di cavia non esiste.

 
E’ possibile che l’ipotesi di partenza, cioè abbassare i livelli di huntingtina, non contribuisca a combattere la progressione della malattia nell’uomo, come invece era emerso nei test sugli animali?

In teoria è possibile: ci sono aspetti legati alla riduzione della proteina che possono non essere stati intercettati da questa terapia. Potrebbe essere che una parte della proteina è più tossica di un’altra parte e comunque ci sarebbero considerazioni da fare anche su come il farmaco si distribuisce, su quanto la proteina mutata si riduca rispetto a quella sana, qual è il ruolo di ciascuna forma della proteina nel corpo. In questa fase, tuttavia, nessuno di noi può azzardare nessuna ipotesi. Sicuramente, il mondo della scienza guadagnerà informazioni nei prossimi mesi grazie a questa sperimentazione. 

 

Che senso ha interrompere ora improvvisamente la sperimentazione quando a breve sarebbe terminata, almeno qui in Italia,  la fase 3?

La decisione è stata presa a livello globale, indipendentemente dal ‘punto’ in cui si trova la sperimentazione in un Paese piuttosto che in un altro.  Se ci si rende conto che un farmaco sperimentale non è efficace, lo studio va interrotto in quel momento. Non sarebbe etico nei confronti dei pazienti stessi proseguirlo. 

 

Mio fratello stava trovando beneficio dalla somministrazione del farmaco. Ora ho paura che la sospensione improvvisa dello stesso possa provocare una ricaduta. Se ciò dovesse verificarsi, che dobbiamo fare?

Confermiamo che ci sono partecipanti che nel corso dello studio hanno mantenuto una condizione stabile. Al momento, però, non sappiamo se la condizione sarebbe rimasta stabile anche se non avessero preso parte allo studio. Dall’altro lato, però, sappiamo che una commissione indipendente ha dichiarato che il farmaco non è efficace. Sappiamo che la malattia è molto diversa da persona a persona. E, inoltre, non possiamo escludere un effetto placebo. 

 
 
Avremmo fatto l’ultima puntura lombare a luglio: sono emersi eventi avversi o altre circostanze che hanno consigliato una così repentina interruzione? 

No, non sono emersi dati inaspettati o improvvisi sul profilo di sicurezza, anzi al contrario, è stato specificato che l’interruzione non è legata alla sicurezza del farmaco, ma ad un rapporto negativo tra benefici e rischi.

 

Le visite previste a fine mese sono confermatePer quanto tempo dovremmo continuarle

Si, le visite già programmate sono confermate e dovranno essere effettuate come da protocollo, fino alla fine prevista dello studio, a meno che non ci vengano date più avanti indicazioni diverse.

 

E’ possibile sapere se mi è stato somministrato Placebo o Farmaco? 

Non lo sappiamo, ma non ce lo aspettiamo. 

 

L’efficacia del 45 al 60% non era già stata accertata?

Queste percentuali erano riferite alla percentuale di riduzione della proteina huntingtina, non all’efficacia del farmaco, che doveva appunto essere indagata e verificata nel corso dello studio di fase III Generation HD1.

 
Com’è possibile che Roche prima abbia incoraggiato cosi tanto la comunità basandosi su informazioni che poi si sono rivelate cosi aleatorie? Abbiamo fatto male a fidarci?

Le sperimentazioni si evolvono per fasi. Ogni fase dura molti anni e costa molti soldi. Prima c’è una lunga fase preclinica. Poi le fasi cliniche. Ogni fase esplora cose diverse. Quando Roche ha parlato di dati incoraggianti, si riferiva a dati incoraggianti di “tollerabilità” e di “ipotetica” efficacia clinica. Gli studi precedenti sono stati condotti su un numero relativamente esiguo di pazienti, quindi non potevano rappresentare delle certezze. Su questo sono stati chiari e i dati sono pubblicati in letteratura. Questa situazione è comune purtroppo alla storia di gran parte dei farmaci, di qualsiasi malattia, non solo del sistema nervoso. Sicuramente, non c’è stato scarso rigore scientifico: nessuno degli sperimentatori presenti lo avrebbe accettato, e la stessa azienda Roche non lo avrebbe consentito. Quello che è accaduto, purtroppo, è nell’ordine delle cose. 

 
Chi ha partecipato a questa sperimentazione e volesse partecipare ad un’altra, potrà farlo? Se si, dovrà prima ‘ripulire’ il proprio organismo? 

Questo dipenderà molto dai protocolli degli altri studi. Sicuramente è previsto un ‘wash out’ cioè un periodo di pausa in cui l’organismo si ‘ripulisce’ rispetto al farmaco (o placebo) assunto in precedenza.

 

Ci sono altre speranze?

Contestualmente a questa, c’è un’altra sperimentazione in corso in Italia con un altro farmaco (Proof-HD). Ci sono inoltre ancora altre sperimentazioni che stanno per cominciare. Probabilmente, ci saranno altri fallimenti. In questo momento, ci sono circa 170 sperimentazioni in tutto il mondo sulla malattia di Huntington, sia terapeutiche che osservazionali. Numeri impensabili dieci anni fa. Oggi conosciamo la malattia molto meglio e la affrontiamo utilizziamo anche strategie non farmacologiche, come la logopedia o la fisioterapia.

La speranza non deve venire meno. Gli sperimentatori chiedono ai pazienti di aiutarli e sostenerli, perché loro non smetteranno certamente di cercare la cura, a causa del fallimento di questa sperimentazione.